Jenn Ashworth
edizoni e/o
18 Euro
recensione di Paola Borraccino
Ipnotico questo romanzo dell'autrice inglese Jenn Ashworth.
Superato l'incipit delle prime due pagine, non proprio brillante, il racconto si insinua piano nella mente del lettore e poi rapisce completamente la sua attenzione, tenendola in ostaggio.
L'autrice riesce a farci fare una crociera tra i fiordi della psicopatologia di questa donna: manie, pensieri intrusivi, compulsioni, meschinità, elucubrazioni e introspezioni e quant'altro si celi, normalmente, dietro parole educate e cordialità, insomma la materia di cui è fatta l'esistenza interiore. Senza censure.
La struttura del romanzo è eccellente e sebbene la scrittura, di per sé, sia lineare, la narrazione riesce ad attrarre in maniera quasi morbosa, come la confessione di una grande peccatrice, superando, per potenza, la forza espressiva del monologo finale di Molly Bloom dell'Ulisse di Joyce (no, non sto esagerando).
La quarta di copertina recita:
"Quando giunge nella sua nuova casa in un tranquillo quartiere inglese, con la testa piena di propositi presi dai suoi libri sull’autostima, Annie pensa che a ventisette anni la sua vita sia finalmente iniziata. Si fissa subito su Neil, un giovane vicino di casa, scambiando la sua gentilezza per interesse sentimentale nonostante lui conviva felicemente con una modella di nome Lucy. Portando avanti il proprio programma di miglioramento personale", Annie cerca di inserirsi nel nuovo ambiente; "poco alla volta, però, emergono dettagli inquietanti del suo passato: dove sono finiti il suo ex marito e la loro figlioletta? Chi sono gli uomini che Annie ha incontrato? È una vittima della solitudine e di un’infanzia infelice oppure una pericolosa sociopatica bugiarda e con gravi disturbi mentali? Io risponderei che si tratta di una persona comune che, giorno dopo giorno, combatte la sua personale guerra contro i propri demoni e, dopo ogni singola battaglia, è anche costretta a presentarsi davanti al proprio comitato di pietra. Una lotta sfibrante, in cui ciascuno può riconoscersi, perché, come scrive Dostojevskij "Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici. Ha anche cose nella mente che non rivelerebbe neanche agli amici, ma solo a se stesso, e in segreto. Ma ci sono altre cose che un uomo ha paura di rivelare persino a se stesso, ed ogni uomo perbene ha un certo numero di cose del genere accantonate nella mente". Memorie dal sottosuolo Voto 8 + Consigliato a tutti coloro che vogliano curiosare nella cantina dei pensieri reconditi di un'altra persona. La citazione p. 24 ...riflettei sulle mie azioni e, ben lungi dal sentirmi rifiutata, tirai un sospiro di sollievo perché i miei piani sul lattaio erano falliti. A volte, sono giunta a capire, la vita ti è amica e ti salva da te stessa. p. 136 Così ci sposammo. Ma, come dissi a Sagita, non ricordo nulla del matrimonio in sé, soltanto che dopo non ebbe più bisogno di lavorare e tutto ad un tratto lui non trovava più divertenti le cose che dicevo. p. 161 L'aria si era raffreddata in fretta, come se il calore dei nostri movimentati concitati avesse abbandonato la stanza, e il sudore si asciugava in una gelida pellicola sul corpo mentre Boris rimpiccioliva restituito alle dimensioni di un estraneo. | |