domenica 1 agosto 2010

IL POLIZIOTTO CHE RIDE di Maj Sjöwall e Per Wahlöö

Sellerio editore 2007
(l'originale fu pubblicato a Stoccolma nel 1968
col titolo Den skrattande polisen)
12 Euro
388 pp
recensione di
Paola Borraccino





Questo libro non è un poliziesco è il poliziesco per antonomasia, nel suo genere perfetto.
  Mi è stato consigliato da un funzionario di alto grado della Polizia di Stato, anch'egli scrittore, al quale avevo chiesto un suggerimento da esperto per un giallo che fosse improntato ai più rigorosi criteri scientifici dell'indagine: quando si dice parlare con cognizione di causa.
  I due autori sono di origine svedese, ma nulla hanno a che vedere con Stieg Larsson, che non sono proprio riuscita a leggere. Essi erano compagni nella vita (lei è ancora vivente) e iniziarono la loro collaborazione subito dopo il loro matrimonio, pubblicando un romanzo all'anno fino al 1975 (anno della morte di lui), per un totale di 10 romanzi, i quali hanno per protagonisti l'ispettore Martin Beck.
  La prima edizione de Il poliziotto che ride risale all'anno 1968 ed è il quarto titolo della serie che la Sellerio sta proponendo al pubblico italiano dal 2005, grazie al quale i suoi autori vinsero il premio Edgar.
  Personalmente, ho subito riconosciuto in me i sintomi della fascinazione: dopo poche pagine ero già completamente catturata dal racconto e so già che mi comprerò tutti gli altri nove libri, a partire dal primo.
  Maj Sjöwall e Per Wahlöö descrivono il lavoro di squadra omicidi di Stoccolma., in cui l'apporto di ciascuno è necessario, e la procedura investigativa nella sua realtà, anche prosaica, fatta anche di momenti di noia, di frustrazione, di stallo, di intuizioni sbagliate, di piccoli errori e di piccoli, ma significativi progressi.
  Tutti i personaggi, a partire dal protagonista, sono colti sia nella loro dimensione professionale sia in quella domestica, pertanto si stagliano dalla pagina come uomini e donne a tutto tondo, non sono mai stereotipi di carta.
  Il punto forte della narrazione è che è sottesa al racconto del caso da risolvere la rappresentazione della società svedese di quegli anni, cioé la grande social-democrazia scandinava, sicuramente diversa dalla immagine patinata che ci è stata trasmessa. Nella nota editoriale, che precede il  "romanzo su un crimine" (sottotitolo dell'originale) sono riportate le parole di Wahlöö:  Ci proponiamo di "usare il romanzo poliziesco come uno scalpello per rompere il vaso ideologico, pauperizzato, e moralmente discutibile sedicente welfare state di tipo borghese. Vogliamo mostrare al lettore che sotto l'immagine ufficiale del welfare state c'è un altro strato in cui povertà, criminalità e brutalità sussistono sotto una luccicante superficie".
  Aggiungo un particolare della biografia degli autori: entrambi erano giornalisti, infatti si conobbero in redazione. Questo dato è importante e spiega la loro attenzione per un resoconto puntuale e veritiero e traspare nella prosa asciutta, senza mai sbavature, che pure sa coinvolgere il lettore, con un crescendo di tensione, obbligandolo a non poggiare il libro. Erano le due di notte ed io mi dicevo: "Un altro paio di pagine e mi metto a dormire, perché è tardi". Invece niente: sono stata sveglia fino alle 3.40, ora in cui sono arrivata all'ultima pagina.
  Ma così è, quando un libro è un buon libro.

 Voto: come giallo 8 - (manca solo di un pizzico di ironia che spezzi in qualche momento l'austerità del racconto); come libro per tutti 7. A differenza di Sciascia o Scerbaneco, non mi sentirei di consigliarlo a chi non ama il genere.

   La citazione
   p. 37 e 38

  - Ah, commissario...
  - Sì?
  - Uno dei morti... sembra che sia uno dei suoi uomini.
    Martin Beck strinse il ricevitore.
  - Chi?
  - Non lo so. Non è stato fatto nessun nome.
  Martin Beck buttò giù la cornetta e appoggiò la fronte alla parete. Lennart! Deve essere lui. Cosa diavolo ci faceva fuori, sotto la pioggia? Cosa diavolo doveva fare sull'autobus numero 47? No, non Kollberg, doveva esserci un errore.
  Sollevò la cornetta e compose il numero di Kollberg. Un segnale. Due. Tre. Quattro. Cinque.
  - Casa Kollberg.
  Era la voce assonnata di Gun. Martin Bck cercò di restare calmo e sembrare naturale.
  - Ciao. Lennart è lì?
  Gli parve di sentire il cigolio del letto quando lei si tirò su, e passò un'eternità prima che rispondesse.
  - No, non a letto, almeno. Credevo che fosse con te. O meglio, che tu fossi qui.
  - E' uscito insieme a me, per fare una passeggiata. Sicura che non sia in casa?
  - Forse in cucina. Aspetta che vado a vedere.
  Passò un'eternità prima che tornasse.
  - No, Martin, non è a casa.
  Adesso la sua voce era ansiosa.
  - Dove pensi che sia finito - disse. - Con questo tempo?
  - Sarà fuori a prendere una boccata d'aria. Io sono appena arrivato a casa, quindi non è fuori da molto. Non preoccuparti.
  - Devo dirgli di telefonarti, quando torna?
  Adesso sembrava più tranquilla.
  - Non è così importante. Buonanotte. Ciao.
  Riagganciò e all'improvviso sentì un freddo tale da tremare. Sollevò di nuovo la cornetta e pensò che doveva telefonare a qualcuno, per chiedere esattamente cosa fosse accaduo. Poi si decise che il modo migliore era di andare di persona sul luogo dell'incidente il prima possibile.

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