domenica 18 dicembre 2011

ISLANDA- Un'altra soluzione alla crisi è possibile

L'hanno definita la rivoluzione silenziosa, quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti, sconfitti gli interressi economici di Inghilterra e Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale.
Gli islandesi hanno nazionalizzato le banche ed avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione: una esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta messaggi rivoluzionari di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria e annullamento del sistema del debito.

Ascolta anche le illuminanti parole dello scrittore sudamericano Edoardo Galeano 1 parte e 2 parte.

domenica 23 ottobre 2011

Lupi di fronte al mare

Carlo Mazza
pp. 391
Edizioni e/o
Euro 19,50
recensione di
Paola Borraccino









Appassionante come una partita a pocker il romanzo di Carlo Mazza, il quale, però, commette un errore sul finale, perdendo parecchie delle fiches idealmente guadagnate fino a quel momento dal suo lettore.

   La storia è ambientata in una Bari che qui ha il respiro di una città metropolitana e "si mostra quale rappresentazione di un intero Paese".

   La quarta di copertina recita: "Il capitano Bosdaves, militare ironico e disincantato al comando di una compagnia di Carabinieri, penetra nella coltre vischiosa di un intricato sistema di interessi e complicità, che lega la malavita e la politica alla sanità privata e agli ambienti finanziari".

   In effetti, la lettura di Lupi di fronte al mare risulta più istruttiva di una lezione sulla mafia e più veritiera di un articolo di un quotidiano, in quanto l'autore, che lavora in banca da trent'anni circa, svela i meccanismi del finanziamento occulto ai partiti, degli appalti truccati, quindi della cappa della corruzione che, fosse pure in modo ed in misura diversa, corrompe quasi tutti attraverso il perverso gioco di blandizie, prebende e ricatti.

   Veniamo, però, ai limiti dell'opera del barese Mazza.

   La narrazione è molto "visiva", sicché se è vero che e le quasi 400 pagine corrono, è anche vero che pochi passaggi meritano una pausa di riflessione: fa molto scuola americana di scrittura. Sia ben chiaro, questo non è necessariamente un difetto, piace molto al lettore medio, in genere è un elemento connotante dei best seller, tuttavia... non per fare gli snob, ma è uno stile televisivo, efficace, ma povero.
   Per vero, questo elemento, che credevo frutto di una mia impressione, è confermato dallo stesso autore, il quale in una intervista dichiara: "Amo il cinema e ho scritto il romanzo come se scrivessi la sceneggiatura di un film e immaginando che ad interpretare i ruoli fossero: Fabrizio Bentivoglio (Bosdaves); Sergio Rubini (Spadaro); Laura Morante (Irene); Valentina Lodovini (Martina). Addirittura, descrivendo Spadaro, avevo davanti agli occhi una foto di Rubini".

   La prosa è semplice e il periodare sciolto, non fratto, ma mai prolisso.
   La voce narrante spiega giusto il necessario, i personaggi sono descritti in presa diretta; Carlo Mazza preferisce che essi si raccontino da soli, attraverso le proprie parole ed azioni. 

   La parte più interessante dal punto di vista linguistico è sicuramente l'alternanza tra il linguaggio formale che i notabili usano nelle occasioni pubbliche (forbito, persino aulico) e quello informale che usano nei colloqui a porte chiuse (crudo e spietato).

   Anche l'habitat dei malavitosi è ben rappresentato, soprattutto perché Carlo Mazza riesce ad evidenziare che, alla fine dei giochi, costoro si caricano del lavoro sporco, ma sono solo delle pedine spostate dai delinquenti in giacca e cravatta che hanno fatto le "scuole buone". Inoltre, mentre i primi, esecutori materiali, prima o poi incappano nelle maglie della giustizia, i loro sodali, e mandanti morali, rimangono quasi sempre impuniti.

   Alcuni hanno paragonato il romanzo del barese Mazza a Gomorra di Saviano, altri a Il giorno della civetta di Sciascia: a mio modesto avviso i paragoni sono azzardati, tuttavia devo riconoscere che Lupi di fronte al mare è migliore di molti libri pubblicati negli ultimi anni sugli stessi temi.

   Come ho anticipato, la storia cade sul finale, un po' affrettato, peccato! Anche l'indagine sfrutta troppo delle coincidenze ed è poco credibile. 
   Per il resto, è un lavoro interessante, soprattutto per la romantica figura del protagonista, il capitano Bosdaves, il quale, pensa che nella vita bisogna rassegnarsi al disordine, ma poi combatte con la forza di chi è convinto che l'impegno di ciascuno possa fare ancora la differenza per rendere il mondo un posto migliore.

   Voto 7

   Consigliato
   A tutti coloro che credono che il federalismo fiscale risolverà i problemi della sanità in Italia.

   La citazione
   pp. 300
   
   Parlavamo così, senza rabbia, con il cuore in apnea. I nostri brevi dialoghi erano lacerati da una finta leggerezza che mi angustiava.


sabato 15 ottobre 2011

Alla fine di un giorno noioso

Massimo Carlotto
pp. 177
Edizioni e/o
Euro 17
recensione di
Paola Borraccino








Avevo sentito parlare spesso dei libri di Massimo Carlotto e dei premi prestigiosi che ha vinto, specie per Arrivederci amore, ciao, per cui ho acquistato il romanzo noir Alla fine di un giorno noioso abbastanza fiduciosa.

Ebbene, il fatto che l'incipit e la lettura random di alcune pagine non mi avessero soddisfatto avrebbe già dovuto fornirmi qualche indicazione sulla qualità del libro, invece io ho ignorato la prima impressione e ho voluto leggere integralmente la storia.

 "In una tranquilla città del Veneto, Giorgio Pellegrini gestisce un locale alla moda: giocattolo perfetto con cui siglare accordi sottobanco con politici corrotti, giri clandestini di prostituzione d'alto bordo, traffici illegali e appalti truccati". Dietro questa giostra coloro che muovono i fili sono persone insospettabili, molto attente a mantenere una parvenza di rispettabilità.
Insomma, ipocrisia e illegalità, purtroppo ordinaria amministrazione di un Paese a coriandoli che sta smarrendo il senso del decoro e la solidarietà sociale.

Che dire, però, del risultato artistico? Deludente.
L'ambientazione è ben descritta: il sottobosco della politica, tra portaborse, semplici pedine, un certo tipo di imprenditori furfanti e amministratori pubblici corrotti, tutti con la coscienza pulita (perché mai usata). Per il resto l'opera è molto povera, sembra un fumettone; sì, anche avvincente in alcuni passaggi, però i personaggi sono inconsistenti, delle vere e proprie figure di carta.
In certe scene, poi, verrebbe voglia di prendersi un manga spinto, perché perlomeno lì certe scene di sesso sado-masochista hanno una regia più curata, senza contare che sono più credibili.

Sorge, poi, spontanea una domanda: Massimo Carlotto quali compagne di banco ha frequentato a scuola? Non conosceva le sorelle degli amici? Si reca a fare la spesa al supermercato?
Tutto questo per dire: Carlotto non conosce una donna normale, che abbia un minimo di personalità che non sia necessariamente una mignotta o patetica? E basta, non se ne può proprio più di questi stereotipi!

Anche uno scrittore di noir si deve porre il problema di non circoscrivere la sua narrazione entro i claustrofobici recinti del genere. Non è perbenismo il mio, ne faccio una questione estetica: la successione degli eventi è scontata, lo stile piatto.

Per dovere di cronaca mi limito a registrare che i libri di Carlotto sono tradotti in molte lingue e vendono molte copie: ora, che un italiano si faccia conoscere nel mondo per meriti artistici e non per dare il nome a dei bordelli fa sempre piacere, ciò nonostante la popolarità di uno scrittore non è un buon motivo per comprare le sue opere, cercherò di ricordarmelo la prossima volta.

Voto
Per il lettore comune 6, per gli amanti del genere 7-.

La citazione
Non ho trovato nulla che mi abbia colpito in particolare, tuttavia la spiegazione del finanziamento occulto dei partiti, il meccanismo della corruzione negli appalti pubblici e del riciclaggio del denaro sporco rendono almeno il libro degno di essere letto.

Clicca qui per leggere le altre recensioni su "Alla fine di un giorno noioso", tutte positive (io, lettrice appassionata di Scerbanenco, rimango comunque del mio parere).

Video di una breve presentazione del libro dello stesso autore.

domenica 4 settembre 2011

Il tizio della tomba accanto

Katarina Mazetti
pp. 240
Elliot Edizioni 2010
Euro 9,90 (edizione tascabile LIT)
recensione di
Paola Borraccino








Spiazzante il piacere della lettura di questo romanzo, apparentemente banale, perché coglie di sorpresa come quando ci si scopre affascinati da un corteggiatore che abbiamo sempre snobbato e considerato scialbo e noioso.

Forse il packaging è poco adatto al contenuto e ingenera un pregiudizio negativo: l'immagine in copertina e la collocazione del libro tra gli scaffali della letteratura rosa (per tacere del retro copertina rosa shocking) sicuramente fuorviano il probabile acquirente, il quale penserà di essersi imbattuto in uno di quei romanzetti da due soldi che affollano le edicole degli aeroporti di mezzo mondo.

Tutto il contrario.
Pubblicato in Svezia la prima volta nel 1998 con il titolo originale "Grabben i graven bredvid" ha ottenuto un enorme successo in patria e all'estero (*1) e da allora è stato tradotto e venduto in molti paesi, questo significa qualcosa!

Si consideri che sul mercato ogni settimana vengono riversate valanghe di titoli nuovi ed ormai sugli scaffali si avvicendano velocissime le novità e la maggior parte di esse si "bruciano" in poche settimane e finiscono direttamente al macero. Anche autori che vendono qualche migliaia di copie (che pure è un risultato ragguardevole) rimangono nelle librerie al massimo per pochi mesi e poi finiscono nei circuiti secondari, sulle bancarelle insieme ai libri usati, quelli fuori catalogo e le rarità per appassionati e collezionisti. Insomma, una strage che le nuove tecnologie digitali contribuiranno ad aumentare, con l'auspicabile vantaggio di un minor consumo di carta, almeno.

Tornando all'opera della Mazetti, per quanto riguarda la trama (dal sito della casa editrice):

«Desirée è una bibliotecaria di trentacinque anni rimasta vedova di un biologo bello e intelligente, che non ha mai però conosciuto davvero. Benny è un allevatore di vacche da latte, rimasto solo a gestire la sua fattoria da quando la madre è morta. I due si ritrovano a volte seduti sulla stessa panchina e l'antipatia è tanto reciproca quanto intensa. Fino a quando, un giorno, un casuale scambio di sorrisi fa scattare la scintilla e miracolosamente tutto cambia. Tra i due nasce un amore pieno di passione, ma segnato fin dall'inizio dallo "shock culturale". Man mano che trascorrono i mesi sembra che, invece di avvicinarsi, i due si allontanino sempre di più ...».

Sembrerebbe, dunque, una delle tante storie d'amore, condite con un pizzico d'ironia, che ci propinano in tutte le salse, invece il testo affronta uno dei pochi temi che costituiscono un vero tabù nelle società occidentali (tanto più nella socialdemocratica Scandinavia, che dell'Occidente rappresenta la massima evoluzione): esistono le classi sociali? Cosa determina l'appartenenza ad una classe sociale, il censo o la cultura?
Perché la cultura accademica (in particolare umanistica) è considerata sovraordinata a quella tecnica-specialistica, persino in settori vitali per l'economia come quello dell'agricoltura?

Oltre questo, l'autrice indaga una caratteristica prettamente femminile, quindi ci interroga sul perché le donne abbiano tante aspettative nei confronti dei propri uomini e cerchino di continuo di cambiarli e forgiarli ad immagine e somiglianza del prodotto dei loro desideri, obbligandoli ad un percorso di "miglioramento", degno del dittatore coreano Pol Pot. Mi viene in mente anche il romanzo "La signora Craddock" dello scrittore britannico William Somerset Maugham (*2), che del "Tizio della tomba accanto" potrebbe essere la naturale continuazione.

La protagonista Desirée nutre un'attrazione sessuale mai conosciuta prima per Benny, uomo molto diverso da quelli con i quali normalmente si relaziona e, ben presto, questa passione si trasforma in un sentimento molto più forte di quanto lei minimamente sospetti; la bibliotecaria, però, intenta com'è ad analizzare i propri sommovimenti interiori, è incapace di capire cosa le stia accadendo. Lei, infatti, pur così incline all'autonalisi, colta, intellettivamente curiosa (con interessi che spaziano da Sant'Agostino alle teorie di Lancan e all'opera lirica), è costretta a "prendere in prestito" da un'estranea uno sguardo su se stessa: dopo aver passato troppo tempo a studiare ogni singolo tassello del mosaico dei suoi pensieri, ha bisogno di qualcuno che le mostri come guardare e comprendere il disegno dipinto sulla parete del suo cuore.

La narrazione, sebbene costruita su uno schema non originale, risulta efficace e mantiene un buon ritmo, senza cadute di tono. Lo stile è semplice e il lessico comune, credo per scelta dell'autrice.
Il punto forte dell'opera è, senz'altro, l'analisi psicologica dei due protagonisti principali e di quelli secondari; per quanto rimangano sullo sfondo le altre storie danno maggiore consistenza e credibilità al racconto.
La parte meno convincente, invece, è il finale, la Mazetti pare non voglia assumersi la responsabilità di dare una risposta alla domanda che lei stessa tra le righe continuamente pone: l'amore basta? Lascia intravvedere uno sviluppo, ma a quel punto sarebbe stato meglio se si fosse fermata qualche rigo prima della fine. In ogni caso questo particolare nulla toglie alla bellezza del romanzo.

Voto 7

Consiglio
Per chi deve ancora scoprire che per l'amore vale la frase fatta pronunciare da Polonio nell'opera "Amleto" di Shakespeare: "Though this be madness, yet there is method in it" (Benché questa sia follia, eppure c'è un criterio).

La citazione

N.B. Qui si possono leggere i primi due capitoli del libro in versione integrale.

p. 224
«Ciascuno si crea un inferno su misura, con ciò che odia di più. Per i popoli del Mediterraneo era il calore eterno, per quelli del Nord un regno di freddo glaciale e silenzio. Il mio inferno è fatto dagli errori che ho commesso e delle possibilità che mi sono lasciata scappare. Li percorro come in un film».

p. 225
«Mentre dicevo che noi avremmo dovuto fare delle rinunce e adattarci l'uno all'altra, in realtà intendevo che lui avrebbe dovuto adattarsi. Pensavo a tutte le soluzioni -sempre ammesso che pensassi- partendo dal presupposto che fosse lui a sacrificare qualcosa. Nella convinzione che fossi io la preda ambita, quella che poteva scegliere».
 
p.228
 «... non ho mai creduto ai "matrimoni d'amore", quelli che cominciano annegando in una scollatura durante una danza. Poi, se la scollatura ha l'età e lo stato civile giusti, si avviano i soliti riti d'accoppiamento con cinema, cene di famiglia, Ikea e vacanze a Rodi e si finisce con il prenotare la parrocchia. Tutto fila secondo i binari stabiliti, finché non è ora della terapia di coppia.
Forse andava meglio quando erano i genitori a sceglierti la moglie, almeno potevi esser sicuro che ti saresti ritrovato con qualcuno più o meno simile a te. Poi non restava che abituarsi, perché tanto non te ne davano mica un'altra ».
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(*1)
(traduzione dallo svedese all'italiano a cura di Laura Cangemi, di cui si può leggere una nota sulla prima edizione del libro con il titolo "O me o muuh!" della casa editrice Salemi)

(* 2)
"La signora Craddock" è un capolavoro assoluto. Una casa editrice che seleziona i suoi titoli con grande cura come la Adelphi, recentemente, ha riscoperto l'autore William Somerset Maugham e ne sta pubblicando le opere, a cominciare da quelle più famose (es. "Il filo del rasoio" e "Schiavo d'amore"), tra le quali non compare "La signora Craddock", che si può trovare, comunque, ad un prezzo quattro volte inferiore ai libri dell'Adelphi nell'edizione della Newton Compton.

mercoledì 17 agosto 2011

Accabadora

Michela Murgia
164 pp.
Einaudi Editore 2009
Euro 18
recensione di
Paola Borraccino








Superbo questo libro della sarda Michela Murgia, che della Sardegna ha tutti i profumi e i colori: la poesia del mirto fatto in casa, l'aspra genuinità dei formaggi ovini, l'abbacinante incanto azzurro del mare e il nero degli scialli delle donne anziane.

Avevo già letto di Michela Murgia "Il mondo deve sapere" anni fa (da cui il regista Paolo Virzì ha liberamente tratto il film "Tutta la vita davanti"), ma i due lavori sono talmente diversi che sembrano provenire da autori diversi. È inutile fare pagoni tra le due opere, ma serve da spunto per evidenziare l'eclettismo di questa scrittrice, veramente unica nel suo genere, la quale quest'anno ha pubblicato (sempre per l'Einaudi) Ave Mary, un saggio con un poderoso apparato critico degno di una tesi di dottorato, ciò nonostante né pedante né noioso.

In somma, la Murgia è una donna, una intellettuale, con la quale sarebbe bello potersi confrontare di persona su temi culturali vari; non avendo questa fortuna, bisogna leggere i suoi scritti, seguirla nei passaggi televisivi, agli eventi cui presenzia e tramite il suo blog (consiglio vivamente di ascoltare i venti minuti del suo intervento all'incontro tenutosi a Cagliari, l'8 marzo 2011, "Donne, tutta un'altra storia" caricato in home page).

Tornando all'Accabadora, sul sito della Einaudi si spiega che in sardo, «accabadora» è colei che finisce, agli occhi della comunità, non un'assassina, ma una madre amorevole, l'ultima madre, che con un gesto pietoso, aiuta il destino a compiersi. Della trama si racconta che Tzia Bonaria è la vecchia sarta che conosce sortilegi e fatture, e Maria, la bambina che Tzia Bonaria ha preso con sé per crescerla come una figlia, una fill'e anima.
Una trama scarna. E una lingua scarnificata, che, però, sa restituire agli oggetti e ai loro nomi il mistero che preesiste alla "violenza sottile dell'analisi logica".

Dal punto di vista estetico, lo stile, in certi momenti, è addirittura sublime, raggiunge vette paragonabili solo ai grandi classici della letteratura mondiale.
La narrazione, poi, è così intensa che si è costretti a sospendere la lettura, perché innesca una tensione orgasmica, che fa quasi male. Mette i brividi.

Vien da chiedersi cosa si possa leggere dopo un libro simile: al termine di un banchetto a base di pietanze dal gusto carico, che hanno saturato i sensi, o si digiuna per un po' o si ripiega su un cibo semplice come il riso!
Io, nei giorni successivi, non sono riuscita a sfogliare che riviste di diritto, perché qualunque libro di narrativa mi capitasse tra le mani, dopo una rapida scorsa, mi appariva scialbo e banale.
E poi mi domando, che cosa potrà scrivere mai Michela Murgia per superare se stessa? Impossibile.

Voto 9 +

Consiglio
Da leggere e, dopo qualche settimana, da ri-leggere, per riassaporare alcune frasi stupende, senza avere più l'urgenza della storia da finire.

La citazione
pag. 92
[…] ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell'anima.

pp. 159-160
Continuò a fare quello che aveva fatto fino a quel momento, interpretando l'attesa con la metodicità visionaria di chi costruisce case prima che esistano le strade che dovranno condurvi.

L'impensabile l'assalì […] Maria aveva compreso che molte delle cose che accadono non sono che parodia delle cose pensate.

sabato 6 agosto 2011

Che il velo sia da sposa! (Ayza Atgawwiz)

Ghada Abdel Aal
Epoché edizioni 2009
204 pp.
Euro 15
recensione di
Paola Borraccino









Tutte le donne occidentali scolarizzate e ossessionate dal matrimonio dovrebbero leggere il racconto delle vicissitudini di questa giovane farmacista egiziana, anzi tutte le donne occidentali. Senza eccezioni.

"Che il velo sia da sposa!" nasce da un blog in lingua araba (http://wanna-b-a-bride.blogspot.com/ trad. "Voglio essere una sposa/Voglio sposarmi) che" ha ottenuto un successo di pubblico tale da spingere l'importante casa editrice Dar El Shorouck a chiedere all'autrice di adattarne i contenuti per trasfonderli in un libro".

La quarta di copertina ci informa che oggi il romanzo è un best seller da cui sarà tratta anche una serie per la televisione egiziana e noi non ne dubitiamo: sembra incredibile, ma dopo secoli trascorsi a lottare per l'emancipazione femminile, pare che adesso la tendenza si sia invertita e tutto il sistema della comunicazione metta al centro dell'ideale universo delle donne il matrimonio, come in un libro di Jane Austen! Per esempio, quando vidi la prima volta il film "Il matrimonio del mio miglior amico" ricordo di aver pensato che, a parte il personaggio dell'amico editor interpretato da Ruper Everett, sarebbe potuto essere tranquillamente un film girato negli anni '50.

Se è vero che la voglia di stabilità è comprensibile, così come è vero che il matrimonio è una istituzione fondamentale della nostra società, ho sempre trovato triste, anzi no,  proprio offensiva l'idea che una donna debba necessariamente realizzarsi nel matrimonio, come dire che tutte le altre sono delle povere sfigate?
Che strano, mi vengono in mente Maria Montessori, Ilaria Alpi, Rossana Rossanda e "donne non realizzate" è una espressione che non riesco ad associare alla loro figura. Senza, comunque, scomodare tali eccellenze, mi vengono in mente tante donne meravigliose che incontro ogni giorno.

Che senso ha dividere le donne in coniugate e single (o zitelle)?
L'unica differenza di cui ci si dovrebbe preoccupare è quella tra persone corrette, serie, per bene, responsabili, oneste e quelle che tali non sono, è una cosa talmente banale che è assurdo persino star qui a commentare, ma evidentemente certi concetti ancora tanto scontati non sono!

Il consiglio
Da leggere dopo aver visto il film Sex and city 2, basato sull'omonima serie televisiva, per incrinare quella falsa illusione si superiorità ed emancipazione, che fonda l'orgoglio delle donne occidentali, perché sorridendo sui paradossi altrui si possa riflettere con maggiore onestà intellettuale sui nostri.

Voto 7-

La citazione
pag. 191

"Ci è appena ... giunta...la notizia... come una doccia fredda!!!
Questa creatura perfida non ci ha detto nulla, non le abbiamo sentito proferire una sola parola sull'argomento...
La lasciamo un giorno, il giorno dopo torniamo e la vediamo entrare, piazzarsi al centro della farmacia e ... oplà! Sollevare la mano sinistra su cui brilla un anello.
- Non mi fate gli auguri, ragazze ? Mi sono fidanzata!

[…]
Pochi secondi, e tutte si voltano lentamente verso di lei con occhi fiammeggianti, tanto che la ragazza indietreggia di due passi, pronta a darsela a gambe.
[…]
... e noi tutte ci guardiamo perplesse sul da farsi, dato che non sarebbe gentile non andare a congratularci con lei. E così ognuna di noi tira fuori dalla sua borsetta il sorriso di ricambio che ci portiamo dietro proprio per le occasioni come questa".

venerdì 29 luglio 2011

Un matrimonio perfetto (If a man answers)

Winifred Wolfe
251 pp.
Elliot Edizioni
collana Raggi rosa
16 Euro
recensione di
Paola Borraccino






Pubblicata per la prima volta nel 1961 negli USA, questa commedia continua ad essere venduta e stampata ancora oggi: la migliore garanzia di qualità!
Potrei annoverare questo libro nel genere Chick lit , se non temessi di sminuire l'autrice, la quale ha una notevole verve umoristica, ma non cede mai alla volgarità. I riferimenti sessuali sono sobri e trascurabili, ciò nonostante questo lavoro coglie l'essenza delle dinamiche di coppia che transita dal momento della passione a quello del menage quotidiano; non per niente il titolo originale "If a man answers" (trad. Se un uomo risponde) è più attinente agli aspetti pratico-manualistici inseriti nel racconto.
Il testo ha una struttura teatrale e sa mantenere l'attenzione fino alla fine, che però è la parte più banale. La prosa è semplice, senza mai essere sciatta; cosicché la lettura risulta essere scorrevole.
Nel 1962 da questo soggetto il regista Henry Levin trasse il film "If a man answers" (in Italia distribuito con il titolo "Una sposa per due" con Sandra Dee e Bobby Darin), ma, per quanto godibile, non è riuscito a restituire la vivacità del testo scritto da Winifred Wolfe; al contrario del film "Tutte le ragazze lo sanno" (*) tratto dal libro omonimo (in originale film e libro si intitolano "Ask any girl") che per certi versi supera il testo scritto e risulta attuale e moderno, nonostante i suoi 52 anni.

Voto
6 e 1/2

Il consiglio
Perfetto da leggere sotto l'ombrellone.
 
La citazione:
"Se vuoi che il tuo matrimonio sia felice, tratta tuo marito come se fosse un cane [...] Credo che la maggior parte dei mariti siano trattati peggio di come è trattato normalmente un cane [...]
Abbiamo tutti sentito raccontare storie di cani che sono stati dati via o che si sono perduti, i quali hanno percorso migliaia di chilometri per ritornare alle loro case, con le zampette insanguinate per il tanto camminare... Spesso i mariti se ne vanno di casa. I cani non lo fanno mai. Ci dev'essere una ragione".

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(*) Si possono leggere le prime pagine del libro Tutte le ragazze lo sanno al seguente link:
http://www.10righedailibri.it/sites/default/files/primapagine_pdf/elliotTutteleragazze10rdl.pdf

domenica 20 febbraio 2011

Odio gli indifferenti

Antonio Gramsci
Chiarelettere 2011
112 pp.
7 Euro

Una silloge di articoli da Antonio Gramsci, scritti tra il 1916 e il 1918 raccolti in questo istant book, edito da Chiarelettere.
Qui di seguito si possono ascoltare dei brani scelti, letti dagli attori Luca e Paolo.