martedì 27 luglio 2010

Il re dei giochi

di Marco Malvaldi
Sellerio editore 2010
192 pp
13 Euro
recensione di Paola Borraccino













  Gustoso come un gelato zuppa inglese e caffé questo lavoro di Marco Malvaldi, pubblicato dalla Sellerio, il terzo dopo Il gioco delle tre carte e La briscola in cinque, siamo già alla serie, quindi.
  I precedenti titoli non li ho letti e mi riservo di controllare che l'autore non si ripeta, ma se anche fosse glielo possiamo anche perdonare, dal momento che Camilleri continua a stravendere descrivendo da sempre la stessa donna ad una dimensione nei suoi innumerevoli romanzi...
  Tornando all'autore de "Il re dei giochi" mi preme sottolineare che Malvaldi è nato nel 1974 e questo fa piacere: in una società gerontocratica come quella italiana finalmente trovano spazio autori giovani (Lagioia, Baccomo, Ricci, tanto per citare solo quelli che ho recensito).
  Il libro è ascrivibile alla categoria dei gialli, ma questo giallo è screziato di rosa, una indagine fondata sul pettegolezzo.

  La quarta di copertina riporta:

"Re dei giochi è il biliardo nuovo all'italiana giunto al BarLume. Ampelio il nonno, Aldo l'intellettuale, il Rimediotti pensionato di destra, e il Del Tacca del Comune (per distinguerlo da altri tre Del Tacca) vi si sono accampati e da lì sezionano con geometrica esattezza gli ultimi fatti di Pineta, tra cui il terribile incidente della statale: è morto un ragazzino e sua madre è in coma profondo; sono gli eredi di un ricchissimo costruttore. La madre è anche la segretaria di un uomo politico impegnato nella campagna elettorale. Non sembra un delitto. Manca il movente e pure l'occasione... Ma la donna muore in ospedale, uccisa in modo maldestro. E sulle iperboliche ma sapienti maldicenze dei quattro ottuagenari cala, come una mente ordinatrice, l'intuizione logica del barista Massimo, investigatore per amor di pace".

  Chi fosse alla ricerca di una trama con un meccanismo rigoroso, scelga un altro titolo.
  Questo è un libro che si legge per trascorrere un paio di ore leggere, come se si facesse una partita di burraco in spiaggia, stando attenti più alle chiacchiere dei vicini dell'ombrellone accanto piuttosto che all'andamento del gioco, è solo questo.

  Mi è venuto in mente leggendolo l'associazione con Andrea Vitali, ne La figlia del podestà, stessa ambientazione in provincia (anche se si tratta di aree geografiche diverse), dimensione corale, vizi privati e pubbliche virtù, chiacchiere di paese, i notabili del posto, tutti descritti in uno stile che non raggiunge mai vette, ma rimane pur sempre godibile. Per essere cattivi, si potrebbe dire che costoro sono gli emuli di Heinrich Mann, il quale ne La piccola città, confrontandosi con le stesse tematiche, ha raggiunto l'eccellenza.

  Questo nulla toglie alla narrazione di Malvaldi, che semmai ha il problema di essere un poco statica, dato che l'azione è confinata tra le mura del Bar Lume.
  L'altro limite è costituito dalle troppe traslitterazioni della parlata pisana.
  Quello di riportare costrutti e modi di dire della propria terra è un vezzo che sta prendendo piede negli ultimi anni, rialnciato proprio dal già citato Camilleri. Ora, io starei attenta, perché uno che vende milioni di libri in un continente (per non parlare delle trasposizioni su pellicola che fanno il giro del mondo), può permettersi di fare quello che vuole, tanto la critica coccola chi vende e i lettori sono affezionati allo stile del loro beniamino. Un esordiente dovrebbe, al contrario, non farsi prendere la mano, perché delle volte la lettura risulta appensantita, senza contare che Verga (mica l'ultima degli ignoranti come me) dosava sapientemente italiano perfetto e lingua in presa diretta.

Consigliato a coloro che hanno antipatia per i vecchietti: questi sono irresistibili come i mitici personaggi del Muppet Show e per coloro che vivono nelle metropoli ma che nutrano di nascosto nostalgia per i ritmi lenti della provincia.

La citazione:  "Anche quest'anno sembrava d'aver trovato un bell'omicidio per passare il tempo e loro vengono a rovinarti tutto".

Voto 7 - (Il libro sconta dei passaggi forzati e la struttura dell'indagine è, pur sempre, carente)



Statler e Waldorf, la coppia di uomini anziani (spettatori seduti su un palco posto alla destra dell'ipotetico proscenio del teatro di posa) i quali erano soliti commentare i contenuti dello spettacolo del Muppet Show con una vena polemica tipica del cliché dei vecchietti brontoloni, e ai quali tocca la battuta conclusiva di ogni puntata, al termine della sigla finale.
(immagine tratta dal blog Chi ha corrotto David Mills )

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