venerdì 3 luglio 2009

Somalo picchiato, l'autista rischia il posto

di Paola Borraccino

Io sto con l'autista. A prescindere.

Perché non sia lui il capro espiatorio di una politica desiderosa di rifarsi
la verginità, al pari di una prostituta di lungo corso che si faccia
ricostruire una membrana pudìca.

In un paese in cui un giudice costituzionale ha l'impudenza di dichiarare
quello che ha dichiarato Mazzella,
senza che i tartassati sudditi (noi) emettano un lamento, sia pure flebile,
vuoi vedere che l'unico, che debba cadere vittima del rigorismo morale è
proprio l'uomo di strada?
A Bari si dice, "il cane mazzo".

Uno, cui si può rimproverare, come unico torto, quello di non essersi
preso le mazzate in silenzio?

Sì, avete capito bene.

Gli autisti sopportano, per lavoro, un perenne clima di violenze,
insulti, arroganza.
Come se non bastasse la delinquenza nostrana ed i carichi di
vandali, scippatori ed altra tanta brava gente,eticamente confusa,
adesso caricano gli extracomunitari dei centri di accoglienza che
sporcano, gridano, infastidiscono gli altri viaggiatori,rubano
e molestano le donne.

Si assiste a scene assurde, le condizioni di viaggio sono diventate
intollerabili ed i passeggeri finiscono sempre con il prendersela
con il personale addetto.

Per il principio di gravità che spinge dall’alto verso il basso,
le incazzature scivolano verso chi è più debole di noi, fin quando
il travaso si arresta all’ultimo degli ultimi, come l’IVA, che
tutti scaricano ed uno solo paga.

Allora torniamo al nostro uomo di strada, incarnato dall’autista,
il quale, rappresenta, in questa circostanza, il tartassato medio;
mentre il “cane mazzo” è il somalo (concediamoglielo).

Cerchiamo di visualizzare la scena e seguiamolo con una
videocamera virtuale ieri mattina.

L’impiegato si è alzato la mattina molto presto, sicuramente abita
in periferia o in un paese limitrofo di Bari.

Forse ha dormito male, perché le prostitute vicino casa
facevano schiamazzi e lui non riusciva a dormire, pensando alla
prossima rata del mutuo da pagare, per una casa che sta perdendo il
valore sul mercato, da quando sono venuti ad abitare “questi neri!
Che poi gli americani hanno Obama e noi ‘sti morti di fame, che ci
rubano il lavoro! Nelle ditte esterne assumono solo extracomunitari.

Altro che quelli fanno i lavori che gli italiani non vogliono!
E mia sorella che pulisce il culo alla vecchia di fronte ha
un’elemosina e quando ha detto alla signora di rimborsarle almeno
il prezzo del biglietto, quella ha risposto – O così o vattene.
Che ho già trovato una albanese che prende di meno e resta tutte
le notti!“.

Si è alzato presto, ma ha già in bocca il cattivo sapore, perché ha
già dovuto ingoiare la prima cucchiaiata di merda della giornata.

Perché la vita del barese medio non è propriamente all’insegna di
cene esclusive, zoccole e cocaina.

Allora sì, l’autista è incazzato di suo.
Forse è più oppresso del solito dal fardello della sua quotidianità
e chissà quante volte è già andatosu e giù nel corso della calda
mattinata barese.

Forse è separato ed è tornato a vivere a casa dei suoi, forse il
giorno prima ha scoperto che deve affrontare una spesa imprevista,
che gli sballa tutto il misero budget.

Forse ha solo le tasche piene di guidare un carro bestiame, che
puzza come un letamaio, dove le persone lo insultano, ritenendolo
colpevole dei disagi della corsa.
E ci si mettono pure questi extracomunitari:
“Madò autista. E vedi a questi! Ma perché li fanno venire?”,
“E noi dobbiamo pagare il biglietto. E questi mica pagano”,
“Santa Misericordia, che puzza: Non è che ci mischiano qualcosa?!”

Insomma: scene di una mattina qualunque.

Ma questa non è una mattina qualunque.
Forse è l’ultima mattina del lavoro da autista del nostro barese
tartassato.
Che ha fatto? È sbottato.
Ha visto accanto a sé uno su cui scaricare l’IVA.

Scommetto che gli altri passeggeri lo incitavano, mi sembra quasi
di vederli. Perché la folla è selvaggia e si eccita con la
violenza.

Insomma questo ha uno scatto d’ira, di frustrazione come Michael
Duglas in un “Giorno di ordinaria follia”: ci sarebbe quasi da
capirlo. Una vita così, un giorno dopo l’altro, per due soldi
abbruttirebbe anche un santo.

Invece per costui si esige la punizione massima per un
lavoratore: il licenziamento in tronco.

In effetti chi sbaglia paga.

Dopo tutto è il criterio che vige in Italia, per tutti.

Ci vogliamo dimenticare quanto duramente hanno pagato i
responsabili del crac Parmalat? E sì che questi galantuomini
avevano commesso un peccato veniale: avevano solo azzerato
i risparmi di una vita di migliaia di lavoratori!

Ma quelli sono signori, forse si preoccupano delle sorti dei
bambini africani poveri attraverso le loro fondazioni, non sono
degli sporchi razzisti, loro!
Quando c’è da fottere qualcuno e da ricavarci, non stanno mica
a sottilizzare sul colore della pelle.

L’autista ha commesso un errore imperdonabile: un ceffone o
un pugno ad un cittadino italiano costituiscono una banale
lite, nelle peggiore delle ipotesi punibile con una sanzione
amministrativa; le stesse lesioni provocate ad una persona
di nazionalità diversa, dal diverso colore della pelle
costituiscono un crimine contro l’umanità da punire con
la morte sociale, cioè la perdita del lavoro.

Chi è il cane mazzo adesso?

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