venerdì 10 luglio 2009
Al G8 dell'Aquila Berlusconi ha annunciato che a settembre saranno inviate altri soldati italiani in missione in Afganistan
immagine tratta da
http://lucapautasso.files.wordpress.com/2009/04/soldati_italiani_
di_unifil_durante_la_giornata_della_prevenzione_dal_rischio_delle_
mine_-_4.jpg
Limes Maggio 2007- Mai dire guerra
Lost in Afghanistan
Per i duemila soldati italiani schierati sul teatro
afghano è scattato l’allarme rosso.
Stanno venendo al pettine le contraddizioni di una missione internazionale
partita per stabilizzare il paese e assisterlo nella ricostruzione,
presumendo che gli americani avessero vinto la guerra contro i taliban.
Premessa errata. La guerra continua. E noi ci siamo
dentro.
Non perché vogliamo la guerra, ma perché la guerra vuole noi.
Com’è stato possibile finire in questo cul de sac?
L’Afghanistan è il laboratorio della spaccatura della Nato. Qui
gli alleati perseguono scopi diversi con mezzi diversi. La missione di guerra
a guida americana, Enduring Freedom, sta infatti fagocitando
quella Isaf (in teoria di stabilizzazione e assistenza) a guida Nato.
O meglio, l’Isaf si preoccupa di stabilizzare se stessa, Enduring Freedom di destabilizzarla.
Turnazione vuole che oggi il comandante dell’Isaf sia un generale americano,
Dan McNeill, il quale non ama le sfumature
e i bemolle di alcuni alleati.
Sicché oggi soldati dell’Alleanza atlantica – americani, canadesi, olandesi,
britannici – sono impegnati sul vasto fronte afghano contro taliban e insorti
vari, mentre altri – italiani, spagnoli, tedeschi, francesi – sono soprattutto intenti a proteggere se stessi dietro una cortina di caveat.
Salvo qualche poco pubblicizzata iniziativa delle forze speciali – incursori
della Marina e del Col Moschin– condotta con gli americani di Enduring
Freedom, i nostri soldati si attengono al vincolo parlamentare
che vieta loro di partecipare alla guerra contro la nebulosa talibana.
Il che non impedisce di finire nel mirino degli insorti.
…
Che gli americani vogliano fare della Nato uno strumento globale a protezione
della loro sicurezza nazionale, o in alternativa metterla a riposo, è
perfettamente legittimo.
Come lo è la tendenza italiana e veteroeuropea a concepire l’Alleanza atlantica
come architrave della sicurezza collettiva in Europa, purché siano gli
americani a pagare. Di certo le due Nato non possono convivere.
Vincerà la Nato angloamericanao quella dei vecchi partner euroccidentali?
Nessuna delle due? Inutile mascherare il conflitto.
Conviene esplicitarlo, per trovare un compromesso.
Ed evitare che la crisi della Nato lasci l’Italia a galleggiare solitaria
in un mare in tempesta.
Possiamo batterci per profilare una Nato più vicina ai nostri interessi,
più o meno coincidenti con quelli degli altri europei occidentali.
Per questo dovremo essere dispostia investire nella sicurezza,
possibilmente in base alle esigenze effettive e non a quelle delle
lobby militar-politico-industriali
che trattano il bilancio della Difesa come cosa loro.
Nella speranza di riportare l’impiego dello strumento militare alla
sua nobile (e democratica) funzione di ancella della politica.
Non suo sostituto.
Nel frattempo, ci arrangeremo con le missioni à la carte.
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