lunedì 28 maggio 2012

Divorzio alla turca

Esmahan Aykol
pp. 318
Sellerio editore
Euro 14
recensione di
Paola Borraccino







Somiglia a casa nostra la Turchia descritta da Esmahan Aykol, purtroppo! Un certo spregio delle regole da parte dei potenti, i soliti eroi borghesi che con abnegazione e buona volontà cercano di impedire la distruzione e lo sfacelo completo. Poi le atmosfere, il modo di porsi delle persone.
Balena in mente la frase del film Mediterraneo di Salvatores "...Italiani! Una faccia una razza". Dovremmo rammentarlo a noi stessi che condividiamo lo stesso straordinario retroterra culturale: secoli di incroci e di convivenza (fosse anche bellicosa) hanno creato un legame con questo popolo. Confesso che anch'io, soltanto dopo un recente soggiorno in Turchia, ho rivisto l'idea che astrattamente mi ero fatta di questo paese, a conferma di ciò che dice Miguel de Unamuna, secondo cui "il razzismo di cura viaggiando".

Questa premessa spiega il perché mi sia avvicinata al libro di Esmahan Aykol (titolo originale "Scheidung auf Türkisch"): sono incuriosita dagli autori turchi che hanno vissuto in Europa, perché restituiscono uno sguardo particolarmente attento sui propri connazionali; le loro analisi sono articolate perché possiedono maggiori strumenti critici.
Ho apprezzato gli scanzonati racconti gialli di Jacob Arjouni, il tenero film "Soul kitchen" di Fatih Akin, ma anche il telefilm sempliciotto ma brioso "Kebab for brekfast".

Insomma, ero benevolmente disposta nei confronti di questo libro. E invece mi sbagliavo.

L'autrice scrive in maniera corretta, ma piatta. Il racconto nel complesso è mediocre. I protagonisti sono insulsi, non si riesce a creare un rapporto di umana simpatia neanche con la vittima (si tratta di un giallo). Non c'è un personaggio che abbia il minimo appeal. L'impianto del racconto è banale.

Sulla quarta di copertina si legge: "Terzo caso per l'avventurosa Kati Hirschel, la libraia di Istanbul, venuta dalla natia Germania, ma ormai più stambuliota di chiunque altro ... Da poco tempo proprietaria di una nuova casa, giunta al negozio Kati riceve la telefonata del suo collaboratore, il mondano Fofo le dice che su internet c'è una notizia ... è morta Sani Ankaraligil, sposa del rampollo di una delle casate più in vista del paese. La signora aveva avviato le pratiche del divozio".

Come svolge le indagini questa investigatrice per caso e per curiosità? In modo dilettantesco e poco convincente. L'autrice scrive senza cognizione di causa; tutto è abbozzato e approssimativo.
Poi un tratto stilistico (per così dire) davvero insopportabile: l'io narrante in prima persona si rivolge di continuo ai lettori, come in una brutta televendita Aykol non rinuncia mai ad ammiccare e a chiamare l'applauso.

Ciò che salva il testo è qualche accenno al paese reale, veloci istantanee di quotidianità, per il resto bocciato.

Voto 5 1/2

Consiglio
Non ho letto i precedenti lavori della medesima autrice, Hotel Bosforo e Appartamento a Istanbul, ma sono più famosi di quest'ultimo e non potranno essere peggiori (per lo meno voglio ben sperarlo!); forse è meglio sfogliare in libreria uno dei due prima di un eventuale acquisto, visto che Divorzio alla turca proprio non lo consiglio.

La citazione p. 157

"Come potete ben immaginare, fui costretta a rassicurarlo. Non potevo stare seduta in casa sua a bere caffè e contemporaneamente dargli dell'assassino. Sarebbe stato molto sconveniente".

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