«Non ho il titolo né la competenza per commentare conflitti
di attribuzione sorti tra poteri dello Stato. Ma sento di avere il diritto,
forse anche il dovere, di manifestare tutto il mio disdegno per un ex Ministro,
Presidente della Came ra e vice Presidente del CSM che, a più riprese, nel
corso di indagini giudiziarie, che pure lo riguardavano, non ha avuto scrupoli
a telefonare alla più alta carica dello Stato, cui oggi io ribadisco tutta la
mia stima, per mere beghe personali.
Non sorprende che l’attenzione dei media si sia riversata
sul Quirinale, ma il protagonista di questa triste storia è solo il signor
Mancino, abile a distrarre l’attenzione dalla sua persona e spregiudicato nel
coinvolgere la Presidenza della Repubblica in una vicenda giudiziaria, da cui
la più alta istituzione dello Stato doveva essere tenuta estranea.
Oggi io, moglie di Paolo Borsellino, mi chiedo: chi era e
quale ruolo rivestiva l’allora Ministro dell’Interno Nicola Mancino, quando il
pomeriggio del primo luglio del ’92 incontrò mio marito? Perché Paolo,
rientrato la sera di quello stesso giorno da Roma, mi disse che aveva respirato
aria di morte?»
Anche quando la bocca viene chiusa, la domanda resta aperta. (Stanislaw J. Lec)
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